Gli amici de ‘L’Unionista’ APS, associazione di tifosi nata lo scorso anno sulla scia dell’esperienza passata di Venezia United, che in diversi del network ricorderanno, e che di recente si è unita alla nostra rete, ci ha intervistato e ha pubblicato una sintesi delle chiacchierata sul Match Program che distribuiscono in occasione delle partite casalinghe del Venezia FC(Link). Di seguito l’intervista completa:
Supporters in Campo, torna a collaborare con Venezia e i suoi tifosi dopo l’esperienza di qualche anno fa, potete spiegare in poche parole cos’è SinC?
Supporters in Campo nasce ufficialmente nel 2013, dopo un percorso iniziato nel 2009 da tifosi e associazioni di tifosi che mira a un approccio diverso nel rapporto tra club e supporters. L’obiettivo è promuovere il coinvolgimento attivo dei tifosi nei processi decisionali e nella proprietà delle società sportive, valorizzandone il contributo sociale, soprattutto in un contesto di gestione spesso precaria e distante dalla comunità.
SinC funziona come forum permanente, in cui si scambiano buone pratiche ed esperienze locali, che punta allo sviluppo un modello italiano di partecipazione, ispirato alle esperienze europee. Tutt’ora, la nostra associazione continua a crescere attraverso progetti internazionali e relazioni con realtà estere.
In sintesi, sosteniamo la nascita e lo sviluppo di associazioni di tifosi e club a partecipazione democratica, promuovendo progetti condivisi, attività formative e rappresentando le istanze dei membri presso le istituzioni.
Le nuove norme sulla violenza negli stadi stanno di fatto limitando parecchio il tifo inteso come aggregazione e coinvolgimento sociale, c’è ancora futuro per i tifosi nel calcio Italiano, o stiamo andando ormai senza via di ritorno verso un modello “NBA”?
Il calcio italiano deve senza dubbio guardare al futuro, ma con la consapevolezza di quella che è la propria storia. Se pochi grandi club ambiscono a un modello simile alla NBA, soprattutto in ragione di numeri, seguito e vocazione internazionale, la forza della maggior parte delle squadre italiane risiede nelle comunità locali. Trasformare il calcio in puro intrattenimento è rischioso: il calcio non è un format adattabile a tendenze effimere, ma un fenomeno radicato nel territorio. Le associazioni di tifosi possono essere il ponte tra club e comunità, preservando questo legame. D’altra parte, il calcio non può esistere senza il pubblico, come dimostrato dai match a porte chiuse del periodo Covid, con cori registrati e stadi riempiti virtualmente. Ma soprattutto, il calcio sarà sempre molto più che mero intrattenimento: è la biografia di un luogo, racconta il carattere e la storia di una comunità attraverso il rito delle partite.
L’ultimo tentativo “famoso” di entrare in una società calcistica con quote azionarie di tifosi e’ stata “Interspac” guidata da illustri personaggi ma anch’essa naufragata. Quale sarà la strada migliore da intraprendere per portare finalmente i tifosi ad essere protagonisti attivi e non solo passivi con il loro Club di riferimento?
Interspac facciamo ancora fatica a capire cosa fosse (o sia, al momento sembra in standby). Mancavano tante cose in quel progetto, ma soprattutto un principio essenziale per la nostra filosofia: la democrazia. Per noi, cooperative e associazioni di tifosi devono essere basate su una partecipazione aperta e democratica, altrimenti i tifosi diventano solo bancomat, finanziatori passivi. Essere parte attiva significa contribuire fattivamente con idee e progetti alla vita della società, non solo con denaro per coprire debiti altrui. Laddove si sviluppano modelli seri, poi, la forza economica delle società cresce naturalmente come diretta conseguenza della partecipazione: lo dimostrano, tra gli altri, i tifosi tedeschi che acquistano i propri stadi.
Tutto è possibile e la nostra esperienza ci ha insegnato che non esiste una formula unica e perfetta: è fondamentale valutare le possibili modalità di partecipazione attiva alla vita dei club, prima di imboccare un percorso condiviso con tutta la fanbase. Il primo passo è radicarsi nel territorio, costruire una solida base che sia eterogenea nella composizione del tifo, per poi affrontare scelte strategiche con una reale rappresentanza della comunità.
SinC promuove anche iniziative sociali attraverso i propri “iscritti” copiando esperienze anche straniere ci potete citarne alcune che vi hanno particolarmente colpito?
Non faremo un torto a nessuno se diciamo che, tra le tante iniziative, a colpirci particolarmente sono state quelle che avvicinano il mondo del tifo alle scuole, ma sono davvero tanti i progetti che offrono un valore aggiunto. Dal controllo dei conti per le realtà che gestiscono in toto o partecipano alla gestione dei club, fino alle meravigliose attività sociali dei club di calcio popolare che, pur essendo piccole realtà di quartiere, coinvolgono volontari in progetti di inclusione e aggregazione, diventando esempi virtuosi e replicabili di hub sociali al servizio della comunità. E siamo solo all’inizio: con un maggior supporto istituzionale, le associazioni diventeranno il fulcro delle attività sociali dei club, perché conoscono il territorio e le sue esigenze meglio di chiunque altro.
Modello inglese o modello tedesco quale miglior futuro per il calcio italiano nel rapporto con le proprie tifoserie?
I due percorsi non sono necessariamente alternativi. In Germania, dove i club hanno mantenuto la storica struttura associativa, con qualche eccezione che si avvale della deroga del 50+1 – mantenendo comunque la maggioranza in mano ai tifosi – club e comunità sono un tutt’uno, con la fanbase che influisce direttamente sulla gestione in tutti gli aspetti. In UK, come in Italia, la privatizzazione del calcio ha compresso questi spazi, ma dagli anni ’90 i Supporters’ trust, ovvero associazioni o cooperative democratiche strutturalmente simili alle associazioni tedesche, si stanno riappropriando di ambiti di confronto strutturato con le proprietà dei club.
Il nostro suggerimento è quello di ispirarsi al modello inglese, studiandolo e cogliendone le buone pratiche, in quanto è più vicino al nostro contesto, per poter tendere un giorno ad avvicinarsi al modello tedesco. È un percorso lungo che richiede sia un rafforzamento delle associazioni sia lo sviluppo di una vera cultura della partecipazione attiva, la sfida chiave dei prossimi anni per un network in costante crescita come il nostro.