Si è da poco concluso il progetto europeo ‘Fans Matter!’ che ha visto Supporters in Campo protagonista assieme alla FIGC e a diversi partner internazionali: Federazione israeliana, Sandlanders – network che collega club di dieci nazioni africane – Israfans (coordinamento dei tifosi in Israele), FASFE (coordinamento dei tifosi in Spagna) e i club gestiti direttamente dai tifosi del PAC Omonia 1948 (Cipro) e del KSK Beveren (Belgio). L’obiettivo del progetto è stato quello di fornire informazioni, nuovi strumenti e idee utili a sviluppare nuove strategie per migliorare la gestione delle società sportive e le loro relazioni con tutti gli attori in gioco attraverso il coinvolgimento attivo della base del tifo e della comunità locale.
Il progetto è stato il primo nel suo genere a vedere i tifosi protagonisti di un’attività formativa destinata agli stessi supporters e a club e realtà associative che vogliono iniziare o consolidare la propria attività sul territorio valorizzando e aggregando la base per riscoprire il fondamentale ruolo sociale del calcio e dello sport in generale.
Dopo una prima fase iniziale internazionale che si è sviluppata con una serie di scambi, eventi di formazione e incontri tra partners, con gli obiettivi di preparare al meglio le singole organizzazioni ad affrontare la complessità del panorama calcistico moderno e di rafforzare le relazioni tra i supporters e chi dirige il calcio, il progetto si è sviluppato a livello nazionale con due meeting formativi, a Bologna (qui i dettagli) e Fasano (qui i dettagli) che hanno visto SinC e la FIGC insieme per trasmettere quanto acquisito a club, associazioni e dirigenti che vogliono intraprendere o migliorare le proprie relazioni con i tifosi e il territorio.
A dirigere e coordinare il progetto per le attività in Italia i due formatori della rete di SinC, Fabio Guarini(APS Taras 706 a.C.) e Michele Palmiero(Ass. Noi Samb), a cui abbiamo condotto questa intervista doppia per andare a tirare le somme di questa esperienza, cercando di capire cosa ha lasciato in termini culturali, di impatto nel nostro Paese e quali prospettive ha aperto questa nuova fase di relazioni con le istituzioni sportive.
Nella prima fase del progetto vi siete interfacciati con i partner esteri. Cosa vi ha lasciato questa esperienza e quali secondo voi le scoperte più interessanti che avete fatto conoscendo più in profondità i percorsi di altri Paesi?
Fabio: Potrà sembrare retorico, ma il confronto con esperienze operanti a vari livelli e in contesti tanto diversi ci ha arricchiti notevolmente, fornendo idee e spunti utili da veicolare alla platea italiana. Direi non solo all’inizio, bensì nell’arco dell’intero progetto, abbiamo fatto un continuo benchmark con le realtà a nostro modo di vedere più organizzate ed efficienti. A Beveren (Belgio) una grossa fetta del tifo ha tirato una riga ed è ripartita costruendo una squadra dai bassifondi: in nome della passione per il club si è ricostruita una comunità, fino al punto in cui la partita è diventata quasi da contorno alla splendida aggregazione che abbiamo avuto modo di vivere nel matchday. In Italia dovremmo dar più forza e risonanza a quei coraggiosi che hanno fatto scelte simili, non ancora premiati da un seguito consistente in termini numerici.
Michele: Così come per Fabio, anche nel mio caso il confronto con esperienza diverse dalla mia è stata un’occasione di arricchimento. Nel nostro quotidiano passiamo la maggior parte del tempo a testa bassa, cercando con tutte le forze di cambiare l’attuale contesto sportivo italiano. Grazie a questo progetto, ho potuto osservare le cose da un punto di vista esterno, analitico, senza influenze che potessero arrivare dal punto di vista emotivo o delle esperienze vissute in questi anni.
Lo scambio con realtà internazionali quanto è stato importante nel vostro percorso di crescita personale e quanto può esserlo per tutti i tifosi che come voi hanno intrapreso la strada della partecipazione attiva?
Fabio: Le buone pratiche devono viaggiare velocemente. Da Anversa, a Malaga e Nicosia, il confronto con partner internazionali e intercontinentali ci ha aperto ancor di più la mente. Il minimo comune denominatore non era la passione per club e gioco, che davamo per scontata in ciascun attore, ma la visione di un calcio sostenibile e con i tifosi davvero al centro. La forza delle idee e l’evidenza di alcuni risultati hanno anche contagiato i partner istituzionali, le federazioni in primis.
Michele: Non c’è alternativa allo studio di cosa accade attorno a noi. Sapevamo che il calcio italiano era anni luce in ritardo rispetto ad esempi più o meno vicini, ma entrare nel dettaglio dei modelli sportivi altrui è la strada da percorrere per andare a creare il proprio, di percorso.
Come è stato relazionarsi con i delegati della Federazione, quali aspetti vi hanno colpito e quali prospettive vedete nello sviluppo delle relazioni con le istituzioni sportive?
Fabio: Come dicevo, le Federazioni coinvolte (Italia, Spagna e Norvegia su tutte) hanno finalmente conosciuto da vicino le esperienze maturate in più di un decennio di storia del coinvolgimento attivo dei tifosi nella vita dei club. Non c’è mai stata diffidenza e, qualora ce ne fosse stata, abbiamo notato una sincera curiosità da parte dei delegati, che si è evoluta in contributo fattivo in termini di idee. Sul versante italiano, ritengo che con Fans Matter! si sia aperto un varco luminoso da sfruttare. La disponibilità della FIGC a costruire un percorso congiunto con i tifosi protagonisti, che è parsa chiara sin da subito, ci ha portato ai frutti sperati: la creazione di un piano d’azione nazionale e l’ideazione della legacy del progetto, entrambi tra gli obiettivi principali del progetto. Risultati non da poco, ma siamo solo all’inizio.
Michele: Posso esclusivamente parlare bene delle professionalità incontrate nel corso del progetto, a riprova del fatto che i problemi del calcio italiani non sono dei singoli capri espiatori ma del sistema nella sua interezza. Ripartiamo da noi, da cosa possiamo fare ogni giorno per rovesciare un modello di gestione sportiva che porta sempre e solo all’indebitamento.
Nella seconda fase avete condotto dei workshop sul territorio, coinvolgendo associazioni, club di proprietà dei tifosi e delegati delle società sportive. Quali aspetti di questi incontri credete siano stati più significativi e cosa lasciano di dote all’esperienza delle realtà italiane?
Fabio: I workshop vertevano su quattro aspetti della vita di club e associazioni (Club, Membership, Volunteer, Stakeholder management) che ne scandiscono la quotidianità e rappresentano i binari su cui pianificare a lungo termine. Lo spirito con cui abbiamo condotto le due due-giorni, più l’evento ibrido di Roma alla presenza di circa trenta club, è stato di apertura alla collaborazione e allo scambio reciproco. Abbiamo inteso condurre, con giusta dose di modestia, i workshop in senso orizzontale e non verticale, dal momento in cui in platea vi erano dirigenti, SLO, appassionati, delegati che in molti casi avevano più esperienza di noi e più elementi da apportare. Dalle fasi di team working sono emersi risultati notevoli, vista l’eterogeneità dei partecipanti. La vera sfida è stata dare un senso generale e compiuto all’apporto che ciascuno ha dato in base alla propria sensibilità. Il compendio di una serie di buone pratiche è la dote principale che ci siamo portati a casa tutti.
Michele: Gli incontri in Italia sono sempre una boccata d’ossigeno, perché permettono a vecchi e nuovi amici di rivedersi e condividere esperienze. Nei workshop abbiamo conosciuto anche il punto di vista prezioso degli SLO, oltre agli aggiornamenti sempre stimolanti di quei club che oggi, in Italia, rappresentano il fiore all’occhiello di tutto ciò in cui crediamo: HSL Derthona e Fasano hanno avuto la forza e il coraggio di iniziare un percorso “dal basso” in categorie dove si riteneva impossibile fare calcio senza un padre-padrone.
Quanto è importante secondo voi la crescita culturale dei tifosi per essere pronti ad assumersi tutte le responsabilità che derivano dall’essere attivamente coinvolti nel proprio club? Questo progetto è andato nella giusta direzione?
Fabio: La crescita culturale dei tifosi è il fondamento di ogni azione presente e futura. Chi pensa di adoperare scorciatoie normative o di emulare senza spirito critico modelli già esistenti, è completamente fuori strada e rischia, pur partendo con buone intenzioni, di distruggere il lavoro faticosamente portato avanti negli ultimi anni. Senza una rivoluzione culturale è impossibile cambiare l’esistente: bisogna operare affinché la consapevolezza di pochi, presenti e non ai workshop, diventi diffusa nell’intero mondo degli appassionati. È un lavoro che richiede pazienza, passione e una progettualità a lungo termine. L’ultima, vera comunità esistente nei centri abitati, in un’era di atomizzazione, è quella della domenica. Il calcio, che è sovente uno strumento nelle mani e per l’interesse di pochi, è in potenza un centro virtuoso tramite il quale mettere in pratica e veicolare uguaglianza, giustizia sociale e attenzione all’ambiente, e pertanto dev’essere dei tifosi. Con questo progetto abbiamo ribadito una volta di più che bisogna cambiare il paradigma da fruitori ad attori principali e consapevoli.
Michele: Il mio primo approccio con il mondo dei supporter trust fu un incontro con il presidente Andrea Gigliotti della Cooperativa Modena Football Club. Ricordo ancora le sue parole: “Noi dobbiamo realizzare una contaminazione culturale, in tutta Italia deve passare il nostro messaggio”. Oggi, come allora, non esiste mass media che riesca a trattare nel modo giusto un tema così importante: sta a noi convincere chi ci è accanto a credere che un altro calcio sia possibile.
Un vostro commento finale su questa esperienza e i vostri suggerimenti a SinC e ai gruppi che ne fanno parte
Fabio: Fans Matter! è il primo passo di un percorso lungo, da affrontare tutti insieme. I gruppi italiani hanno compreso l’importanza di fare rete e di lavorare fianco a fianco, per superare i momenti difficili e scambiarsi costantemente le buone pratiche. Dobbiamo proseguire nel solco tracciato e guardare al futuro con fiducia e serenità, perché il processo è innescato.
Michele: “Football without fans is nothing”. Ricordiamocelo e ricordiamolo a chi continua a mortificare il tifoso come semplice cliente.
Il progetto è stato senza dubbio un altro tassello importante per la crescita di tutta la rete che prosegue nel suo percorso a supporto e associazione e tifosi che vogliono giocare un ruolo di primo piano a supporto dei propri club e per migliorare il calcio in generale.
Cogliamo inoltre l’occasione per rinnovare i ringraziamenti a tutti coloro che hanno preso parte alle attività, ai relatori e tutti coloro che hanno aiuto SinC a realizzare gli incontri.
Per maggiori informazioni sul progetto, le prossime iniziative e per conoscere meglio e unirsi alla rete di Supporters in Campo potete contattarci alla mail consiglio@supporters-in-campo.it o attraverso i canali social Facebook e Twitter dell’associazione.