A proposito delcrac del club un tempo presieduto da Costantino Rozzi
– di Pippo Russo –
Da Costantino Rozzi a Costantino Nicoletti. Nella storia del calcio a Ascoli lo Zenit e il Nadir portano lo stesso nome di battesimo. Il punto più alto rimarrà per sempre legato alla figura del Costantino figlio di questa terra. L’uomo ruspante che seppe farsi una posizione da imprenditore edile e da uomo di calcio, e che a metà degli anni Settanta portò per la prima volta il club marchigiano in serie A. Il punto più basso lo firma invece Costantino Nicoletti. Il personaggio venuto da Firenze, che appena giunto al vertice dell’Ascoli come amministratore unico decide di portare i libri contabili in tribunale generando il fallimento del club dopo 115 anni di storia. E’ paradossale scoprire che per alcune settimane il secondo è stato glorificato quasi quanto il primo. A Nicoletti viene infatti ascritto il merito d’aver tagliato fuori la famiglia Benigni, che manteneva artificialmente in vita la società costringendola a un’interminabile agonia. Per aver portato i libri in tribunale, Nicoletti è stato visto come il cavaliere senza macchia e senza paura giunto da fuori per liberare una comunità dal tiranno. Un canovaccio da fumetto di serie Z, che dura poco. Perché a un mese dal fallimento l’altro Costantino torna in scena con un’intervista rilasciata venerdì 10 gennaio al TG Rai delle Marche, nella quale si presenta come “procuratore del gruppo Izzo”. Cioè un gruppo che prima del fallimento aveva trattato l’acquisto del club. L’ennesimo punto oscuro di una vicenda nella quale rimangono poche certezze: un club che pur in situazione disastrata continua a essere un brand appetibile; un gruppo di avvocati fiorentini, quasi tutti di rito renziano, giunti lì chissà perché; e soprattutto lui, Nicoletti, personaggio perfettamente a proprio agio in un calcio fatto di gente che corre a mille e anta.